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Vivere, muoverci ed immaginare sostenibile. Una sfida che vale il nostro futuro.

Ci aspetta un futuro diverso, dove quasi tutto sarà differente. Innovazione, energie rinnovabili e distribuite, nuove frontiere della scienza renderanno il mondo un posto migliore se e solo se le istituzioni governeranno questi processi di cambiamento per la società e quindi per le comunità.

Vivere, muoverci ed immaginare sostenibile. Una sfida che vale il nostro futuro.

Ignazio Geraci

Cambiamenti climatici, pandemie, scarsità delle risorse, etc. sono solo alcuni dei grandi problemi che la società di oggi deve affrontare per assicurarsi un futuro sul pianeta. David Attenborough diceva: “There are some four million different kinds of animals and plants in the world. Four million different solutions to the problems of staying alive”, è questo lo spirito che dovrebbe spingere le istituzioni a cercare soluzioni e alternative utili al benessere della collettività.

Ci aspetta un futuro diverso, dove quasi tutto sarà differente. Innovazione, energie rinnovabili e distribuite, nuove frontiere della scienza renderanno il mondo un posto migliore se e solo se le istituzioni governeranno questi processi di cambiamento per la società e quindi per le comunità. Uno sviluppo tecnologico forte ma incontrollato, come nel caso dell’Artificial Intelligence o della digitalizzazione delle attività lavorative, potrebbe spazzare via (de-umanizzando) grosse fette di comunità a favore del mercato, serve quindi uno sviluppo etico garantito da uno Stato forte, serve quindi un equilibrio tra i tre pilastri dell’economia: Stato, Comunità e Mercati.

Ci avviamo verso un futuro composto da fonti differenti (eolico, fotovoltaico, idrogeno, bioenergie, etc.) e distribuite (decentralizzate) di generazione dell’energia, un grande cambiamento che richiede ingenti risorse e una governance forte. Il tema della circolarità e dell’impatto “0” sarà preponderante nelle scelte e nei modelli, ma servirà una spinta forte e un cambiamento nel modo di vivere da parte di tutti noi.

Le comunità hanno la necessità di essere supportate nel cambiamento da istituzioni forti e consapevoli ma anche da entità vicine ai territori, che già offrono loro servizi più o meno efficienti ma sicuramente fondamentali al benessere collettivo (es. igiene urbana, distribuzione acqua, elettricità, gas, etc..), che mantengano vivi gli investimenti negli asset pubblici plasmandoli efficacemente per un futuro sostenibile, che investano in innovazione, nelle persone e quindi in nuove competenze utili al benessere collettivo (le aziende sono fatte di persone e senza persone in grado di guardare al futuro è impossibile attuare cambiamenti).

Partendo dal pilastro Energia, osservando il trend degli ultimi 5 anni, l’Italia non raggiungerà i propri obiettivi di rinnovabili nei consumi finali di energia fissati nel Piano Energia e Clima al 2030 (PNIEC), con un gap di oltre 7 punti percentuali. Aumentare la potenza installata rinnovabile nella generazione elettrica è fondamentale per raggiungere il target, ma esiste ad oggi un rilevante gap impiantistico. Tutto questo potrà avvenire grazie ad una progettualità con il territorio condivisa e da piani strategici con una vision ed un management in grado di mettere a terra tutto questo.

Considerando il pilastro Ambiente l’Italia è ancora lontana dalle “best practices” europee per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Molti territori italiani sono lontani dagli obiettivi vincolanti del 10% dei rifiuti urbani conferiti in discarica al 2035 (con un tasso di conferimento medio nazionale del 21,5%) e del 70% dei rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata al 2030 (con un valore medio nazione pari a 58,2%), fissati dal Circular Economy Package della Commissione Europea. La raccolta differenziata e la massimizzazione del riciclo devono essere la priorità a cui tendere; tutto ciò che non è recupero di materia deve essere quantomeno recuperato come energia per minimizzare il conferimento in discarica. L’Italia ha un tasso di recupero energetico pari al 19,1% e rimane indietro rispetto ai benchmark europei (Finlandia, Svezia e Danimarca) che registrano un valore medio del 53,1%.

Riguardo il Ciclo Idrico l’Italia ha una rete infrastrutturale obsoleta (60% delle infrastrutture ha più di 30 anni e il 25% più di 50 anni) e la metà dell’acqua distribuita viene dispersa. Il gap impiantistico caratterizza anche la capacità di depurare e trattare le acque reflue; l’Italia, infatti, è soggetta a 4 procedimenti di infrazione, con 2 sentenze confermate, che si stima costeranno non meno di 500 milioni di Euro fino al 2024. Tali deficit scontano una carenza di investimenti nel settore idrico. Con 40 Euro per abitante all’anno (rispetto a una media europea annua di 100 Euro per abitante), l’Italia si posiziona al terzultimo posto nella classifica europea per investimenti nel settore, davanti solo a Malta e Romania.

Competenza e professionalità stanno alla base di queste aziende che spesso agiscono nel mantenere sicure le infrastrutture di tutti noi.

L’innovazione è stata e sarà sempre più caratterizzante in tutte le attività svolte da tutti noi. Le città saranno smart e green. Smart perché i servizi e i sistemi IoT (internet of things) saranno in grado di supportare le amministrazioni e i cittadini nei loro processi decisionali e per semplificare la vita garantendo servizi più efficienti e Green perché avremo abbandonato le fonti fossili a favore di fonti energetiche rinnovabili o addirittura ad impatto negativo (come nel caso dei sistemi di Carbon Capture).

Vivremo in case efficienti da un punto di vista energetico e utilizzeremo macchine elettriche che scambieranno energia con la rete (Vehicle To Grid). Utilizzeremo lo smartphone per aprire casa o per acquistare il pane, per aprire la macchina o per pagare una bolletta, per prenotare una visita dal medico, per leggere un referto o per interagire con PA. Le città saranno più sostenibili e al di fuori di esse dovremmo guardare nel rispettare e ristorare gli habitat naturali. Dovremmo vivere, muoverci ed immaginare sostenibile.

Ho studiato e lavoro fuori dalla mia città e la osservo con occhi differenti da chi vive ogni giorno tra in quel dolce e splendido paesaggio. Palermo avrebbe la necessità di costruire una visione di città al 2050, un progetto strategico di comunità volto al futuro scandito da tappe intermedie ma che le restituisca un ruolo centrale nel mediterraneo e nel mondo. Costruire con la cittadinanza, le rispetto delle parti, un piano declinandolo per differenti pilastri di sviluppo sostenibile. Il 2030 è domani, potrà essere splendido o no ma almeno bisogna immaginarlo.Purtroppo molti giovani vivono fuori dalla Sicilia privandola del suo più fervido motore, un grosso problema. Tutto ciò potrebbe diventare un’opportunità se venissero generate condizioni per utilizzare queste risorse con esperienze pazzesche in giro per il mondo a favore dello sviluppo di questa terra. Creare un Network digitale potrebbe essere il primo tassello (guarda i ragazzi di South Working), utilizzare le loro proposizioni/idee sul territorio il secondo passo, farli/ci tornare e metterli/ci nelle condizioni di operare il terzo. L’obiettivo per Palermo deve essere quello di far tornare i talenti al fine di rinvigorire la comunità grazie a queste risorse sparse in giro per il mondo ma con molta voglia di tornare.

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